domenica 27 gennaio 2013

Zabàn-e farsì (La lingua persiana): introduzione

Ripropongo qui un mio breve articolo sulla lingua persiana, pubblicato a febbraio scorso sul blog di un'agenzia di traduzione. In molti ignorano l'esistenza di questa lingua o non hanno idea di dove si parli. Eppure si tratta della lingua ufficiale dell'Iran: un paese in crescita, con una popolazione giovane, il cui tasso di alfabetizzazione dell'86% sale al 97% considerando soltanto le giovani generazioni (ragazzi fino ai 24 anni), nonché uno dei Next Eleven.

Nel corso della mia carriera universitaria ho suscitato numerose reazioni di meraviglia, rispondendo alla domanda di amici e conoscenti “ma tu cosa studi?”. A causare lo stupore non è mai stata la mia prima lingua, l’arabo (il cui studio è ormai piuttosto diffuso e di moda in Italia), bensì la seconda, il persiano.
Tralasciando la lunga serie di battute di dubbio gusto su gatti, tappeti e persiane, la prima domanda più frequente è sempre stata “ma perché, non è una lingua morta?”. Ebbene no, il persiano è una lingua attualmente parlata da più di cento milioni di persone nel mondo, lingua ufficiale di tre stati: Iran, Afghanistan (nella variante chiamata dāri, seconda lingua dopo il pashtu) e Tagikistan (dove l’alfabeto utilizzato è però quello cirillico). Il nome della lingua, fārsi, è un aggettivo derivato da Fārs, nome di una regione meridionale dell’Iran, culla dell’impero achemenide (550-330 a.C circa). Purtroppo in Italia c’è molta disinformazione su lingue e culture considerate “esotiche” e lontane dalla nostra realtà linguistica e culturale. Ecco la seconda cosa che ho avuto modo di notare: comunemente si pensa che la lingua persiana sia molto simile a quella araba o addirittura un suo dialetto, forse perché l’Iran è un paese musulmano e talvolta si tende a confondere questi due concetti, arabo e musulmano, o forse perché in persiano si utilizza l’alfabeto arabo. Gli iraniani invece, sono molto più simili a noi di quanto crediamo.
Il persiano, in base alla classificazione filogenetica delle lingue, è infatti una lingua indoeuropea: appartiene alla stessa famiglia linguistica, ad esempio, delle lingue romanze (italiano, francese, spagnolo ecc.) e delle lingue germaniche (inglese, tedesco, svedese ecc.); fa parte del ramo indoiranico (come l’hindi) e del sottogruppo iranico che comprende altre lingue parlate nell’area, come il pashtu e il kurdo. L’arabo è invece una lingua semitica, come l’ebraico. Per renderci conto della parentela di alcune lingue europee con il persiano, è sufficiente leggere alcune parole di uso comune di cui intuiamo immediatamente il significato, come: pedar (padre), mādar(madre), dokhtar (figlia, ragazza, simile a daughter in inglese), barādar (fratello, simile a brother in inglese), ast (terza persona singolare presente del verbo essere, simile a est in latino). Bisogna distinguere l’origine della lingua dalle ragioni storiche che possano aver causato l’influenza di altri idiomi, nonché distinguere la lingua vera e propria (e le sue regole) dal sistema di scrittura.

Premettiamo che la lingua persiana, nel corso dei secoli, si è sempre servita di sistemi di scrittura stranieri. Nel caso dell’antico persiano (attestato in epoca achemenide) venne adottato un sistema di scrittura cuneiforme, per il medio persiano o pahlavi, lingua dei sasanidi (224-654), si utilizzò invece un sistema di scrittura derivato dall’aramaico. Per il fārsi infine, le cui prime attestazioni scritte risalgono al IX secolo, si scelse di utilizzare l’alfabeto arabo. Ciò è dovuto non solo a una contiguità areale ma a una ragione storica: la dominazione araba del territorio iranico che, a partire dalle conquiste musulmane (VII secolo), si protrasse per diversi secoli fino ad essere spazzata via dall’invasione mongola (XIII secolo) e la conseguente adozione dell’arabo quale lingua della fede e lingua ufficiale del califfato.
Questo alfabeto “persianizzato” presenta alcune varianti rispetto all’originale: l’adozione di quattro caratteri (p, č, j, g) corrispondenti a suoni non esistenti in arabo ([p], [ʧ], [ʒ], [g]) e la diversa pronuncia di alcune lettere. L’influenza dell’arabo si riflette non solo nel sistema di scrittura, ma anche nel lessico: in persiano sono presenti moltissimi lemmi derivati da radici arabe; il verbo fahmidan (capire) ad esempio, deriva dalla radice trilittera araba fa-hi-ma (dallo stesso significato) alla quale è stato aggiunto il suffisso –idan tipico dei verbi all’infinito in persiano. Una peculiarità di questa lingua è quella di aver conservato, in alcuni casi, due parole per esprimere uno stesso concetto: quella prettamente persiana e quella di origine araba; nel caso del concetto di “casa”, “dimora” ad esempio, è possibile utilizzare il termine persiano xāne e quello arabo manzil (pronunciato manzel in persiano). Per questo motivo, sebbene non si tratti di un requisito strettamente necessario, un traduttore che conosce entrambe le lingue è agevolato nel comprendere intuitivamente il significato di alcuni termini.
Per concludere, il persiano, essendo anch’esso una lingua indoeuropea, può essere, al contrario di quanto si pensi comunemente, agevolmente appreso da un italiano: le principali regole grammaticali sono facilmente memorizzabili in pochi mesi. Certo, ciò non esclude la necessità di studio e pratica costanti (regola valida nell’apprendere una qualsiasi lingua straniera). A volte però, in ciò che escludiamo a priori perché celato sotto la maschera della diversità (nella fattispecie un diverso sistema di scrittura), troviamo la nostra strada.


Articolo tratto dal blog di http://www.traduzione-testi.com”  Easy Languages & Partners

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