Nel corso della mia carriera universitaria ho suscitato numerose reazioni di meraviglia, rispondendo alla domanda di amici e conoscenti “ma tu cosa studi?”. A causare lo stupore non è mai stata la mia prima lingua, l’arabo (il cui studio è ormai piuttosto diffuso e di moda in Italia), bensì la seconda, il persiano.
Tralasciando la lunga serie di battute di dubbio gusto su gatti, tappeti e persiane, la prima domanda più frequente è sempre stata “ma perché, non è una lingua morta?”. Ebbene no, il persiano è una lingua attualmente parlata da più di cento milioni di persone nel mondo, lingua ufficiale di tre stati: Iran, Afghanistan (nella variante chiamata dāri, seconda lingua dopo il pashtu) e Tagikistan (dove l’alfabeto utilizzato è però quello cirillico). Il nome della lingua, fārsi, è un aggettivo derivato da Fārs, nome di una regione meridionale dell’Iran, culla dell’impero achemenide (550-330 a.C circa). Purtroppo in Italia c’è molta disinformazione su lingue e culture considerate “esotiche” e lontane dalla nostra realtà linguistica e culturale. Ecco la seconda cosa che ho avuto modo di notare: comunemente si pensa che la lingua persiana sia molto simile a quella araba o addirittura un suo dialetto, forse perché l’Iran è un paese musulmano e talvolta si tende a confondere questi due concetti, arabo e musulmano, o forse perché in persiano si utilizza l’alfabeto arabo. Gli iraniani invece, sono molto più simili a noi di quanto crediamo.
Il persiano, in base alla classificazione filogenetica delle lingue, è infatti una lingua indoeuropea: appartiene alla stessa famiglia linguistica, ad esempio, delle lingue romanze (italiano, francese, spagnolo ecc.) e delle lingue germaniche (inglese, tedesco, svedese ecc.); fa parte del ramo indoiranico (come l’hindi) e del sottogruppo iranico che comprende altre lingue parlate nell’area, come il pashtu e il kurdo. L’arabo è invece una lingua semitica, come l’ebraico. Per renderci conto della parentela di alcune lingue europee con il persiano, è sufficiente leggere alcune parole di uso comune di cui intuiamo immediatamente il significato, come: pedar (padre), mādar(madre), dokhtar (figlia, ragazza, simile a daughter in inglese), barādar (fratello, simile a brother in inglese), ast (terza persona singolare presente del verbo essere, simile a est in latino). Bisogna distinguere l’origine della lingua dalle ragioni storiche che possano aver causato l’influenza di altri idiomi, nonché distinguere la lingua vera e propria (e le sue regole) dal sistema di scrittura.
Questo alfabeto “persianizzato” presenta alcune varianti rispetto all’originale: l’adozione di quattro caratteri (p, č, j, g) corrispondenti a suoni non esistenti in arabo ([p], [ʧ], [ʒ], [g]) e la diversa pronuncia di alcune lettere. L’influenza dell’arabo si riflette non solo nel sistema di scrittura, ma anche nel lessico: in persiano sono presenti moltissimi lemmi derivati da radici arabe; il verbo fahmidan (capire) ad esempio, deriva dalla radice trilittera araba fa-hi-ma (dallo stesso significato) alla quale è stato aggiunto il suffisso –idan tipico dei verbi all’infinito in persiano. Una peculiarità di questa lingua è quella di aver conservato, in alcuni casi, due parole per esprimere uno stesso concetto: quella prettamente persiana e quella di origine araba; nel caso del concetto di “casa”, “dimora” ad esempio, è possibile utilizzare il termine persiano xāne e quello arabo manzil (pronunciato manzel in persiano). Per questo motivo, sebbene non si tratti di un requisito strettamente necessario, un traduttore che conosce entrambe le lingue è agevolato nel comprendere intuitivamente il significato di alcuni termini.
Per concludere, il persiano, essendo anch’esso una lingua indoeuropea, può essere, al contrario di quanto si pensi comunemente, agevolmente appreso da un italiano: le principali regole grammaticali sono facilmente memorizzabili in pochi mesi. Certo, ciò non esclude la necessità di studio e pratica costanti (regola valida nell’apprendere una qualsiasi lingua straniera). A volte però, in ciò che escludiamo a priori perché celato sotto la maschera della diversità (nella fattispecie un diverso sistema di scrittura), troviamo la nostra strada.
Articolo tratto dal blog di “http://www.traduzione-testi.com” Easy Languages & Partners
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