lunedì 11 febbraio 2013

Paura dell'ignoto: l'Islam, parte II


Per la leggere la prima parte, cliccare qui.

Penisola arabica, Mecca e Medina (Yathrib)
Immagine del cartografo Daniel Feher http://www.freeworldmaps.net/asia/saudiarabia/
Nel 622 la situazione a Mecca divenne insostenibile per i musulmani, soprattutto per coloro che non godevano di alcuna protezione. Pertanto, Mohammad e i suoi seguaci decisero, in gran segreto, di emigrare a Yàthrib, la futura Medina (al-madìna significa "la città"). Gli abitanti della città, i cosiddetti ansàr “ausiliari”, accettarono Mohammad quale capo della loro comunità e la maggioranza di loro abbracciò la nuova fede, a patto che il Profeta si impegnasse ad agire da giudice imparziale per dirimere le controversie sorte tra i membri delle diverse tribù. A Medina nacque e si consolidò la vera e propria umma (comunità) islamica. Ho citato questo evento anche perché il 622, anno dell’hijra “emigrazione”, per i musulmani corrisponde all’anno 0. Ora siamo nell’anno 1434 hijri (dell’egira). 

Mohammad era il sigillo dei profeti. L’Islam riconosce l’importanza storica di personaggi appartenenti alla tradizione cristiana ed ebraica (Adamo, Abramo, Noè, Giuseppe ecc.) che vengono citati più volte nel Corano. Mohammad era l’ultimo profeta, il tassello mancante, colui che avrebbe concluso il  ciclo della profezia, il suo sigillo. 
Nel Corano viene citato anche Gesù, profeta dalle proprietà taumaturgiche, ma che non può essere, nella tradizione islamica, il figlio di Dio: ciò sarebbe inconcepibile, sempre per il discorso dell’incolmabile distanza tra Dio e l'uomo, di cui ho già scritto nel post precedente. 

Mi viene in mente un altro episodio interessante: il mi'ràj (ascensione notturna) del Profeta. Mohammad, a cavallo della mitica cavalcatura volante Buràq, raggiunse Gerusalemme e da lì ascese in cielo, per intraprendere un viaggio molto simile a quello di Dante nella Divina Commedia. Il racconto di questa vicenda è avvolto nel mistero e nell'ambiguità: non è mai stato chiaro se il Profeta, parlandone, si riferisse a una visione o a un viaggio che aveva materialmente avuto luogo. In questa occasione, nonostante l’uomo non sia in grado di cogliere con i propri sensi l’infinità di Dio, il Profeta riuscì quasi ad arrivare al suo cospetto, avvicinandosi qàba qawsayni aw adnà cioè “alla distanza di due archi o ancora meno”. 
La tematica del viaggio nell’aldilà sarà molto presente in opere della letteratura araba e di quella persiana. Alcuni studiosi ipotizzano che Dante Alighieri si sia ispirato a una di queste opere prima di scrivere la sua; altri invece, non escludono che persone che si trovano in luoghi diversi, ma con un substrato culturale simile, possano, pur non avendo contatti diretti, giungere a conclusioni analoghe.

Negli ultimi anni di vita, il Profeta si dedicò a espandere la propria influenza sul resto della penisola arabica. Ciò avvenne con l’uso delle armi (nel caso, ad esempio, della definitiva sconfitta dei meccani) ma soprattutto servendosi della diplomazia e inviando delle delegazioni presso i vari capitribù. 
Alla sua morte, avvenuta nel 632, Mohammad era riuscito a dare origine a un fenomeno del tutto nuovo. L’espansione e la conquista rappresentavano la continuazione naturale del suo operato, data l’universalità intrinseca nella natura dell’Islam: era necessario non solo consolidare la presenza della umma nella penisola arabica ma anche portare questo messaggio all'esterno. 

Nel giro di pochi secoli l’Islam divenne un vastissimo e composito impero, che inglobava in sé popolazioni, tradizioni autoctone e territori ben diversi tra di loro, che andava dall’Asia centrale alla Spagna, passando per il Medio Oriente e il Nord Africa. Si trattò di una conquista militare, condotta con astuzia e intelligenza. I musulmani infatti, soprattutto all’inizio, rappresentavano una minoranza religiosa e linguistica nei territori conquistati. Pertanto si stabilì che agli altri monoteisti (ebrei e cristiani), in quanto ahl al-kitab, letteralmente “gente del libro”, cioè credenti non musulmani la cui fede si basava su un testo rivelato, fosse concessa la libertà di culto, a patto che pagassero due tasse: il kharàj (tassa fondiaria) e la jizia (imposta pro capite), in modo da essere considerati dhimmi (protetti). In un secondo momento la qualifica di ahl al-kitab venne estesa anche a zoroastriani e induisti (nonostante ci siano divergenze in merito).

Nota: evitiamo di confondere questi due concetti, “arabo” e “islamico”. L’arabo è una lingua, non tutti gli arabi sono musulmani: ci sono arabi cristiani, arabi atei, arabi ebrei ecc. L’Islam è una religione, tantissimi musulmani non sono arabi: sono turchi, iraniani, pakistani, indonesiani, ecc.

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